La lotta epocale per il controllo del petrolio nella regione del Mar Caspio lungo una parentesi fuggevole che va dalla seconda met๏ฟฝ? dellโ800 al 2009. La ricostruzione dei primissimi accordi stretti dai baroni dellโoro nero, da Robert e Ludvig Nobel a Zeynalabdin Tagiyev. Lโintermediazione dei grandi affaristi, tra cui James Giffen, Viktor Kozeny e John Deuss. I boss delle compagnie petrolifere, come John Browne, infaticabile leader della British Petroleum, e il presidente della Chevron, Ken Derr. E ancora: la ricerca del potere degli autocrati locali, dal presidente dellโAzerbaigian Heydar Aliyev al suo omologo kazako, Nursultan Nazarbayev, lโombra dei russi e le manovre degli americani. Cโรจ questo e molto altro ne “Il petrolio e la gloria. La corsa al dominio e alle ricchezze della regione del Mar Caspio”, tomo scritto nel 2007 dal giornalista Steve LeVine e uscito in Italia nel 2009, edito da Il Sirente.
Quello di LeVine non รจ un volume fresco di stampa ma รจ un testo quanto mai attuale โ e fondamentale โ per capire il rebus dellโenergia in atto tra la Russia di Vladimir Putin, gli Stati Uniti di Joe Biden e lโUnione europea. di nuovo perchรฉ lโautore, corrispondente estero con esperienza pluridecennale, inviato in Unione Sovietica, Pakistan e Filippine, e firma, tra gli altri, di Wall Street Journal, New York Times, Washington Post e Financial Times, รจ stato in grado di offrire ai lettori un ibrido tra unโinchiesta e un reportage storico che si legge, tutto dโun fiato, come un romanzo.
Il grande spasso del petrolio
“Il petrolio e la gloria” racconta il grande spasso del petrolio allo identico modo di come Il Grande spasso di Peter Hopkirk rievocava la lotta tra inglesi e russi per il dominio dellโAsia centrale. La location รจ piรน o meno la stessa, i protagonisti sono perรฒ ben piรน numerosi, mentre lโobiettivo finale riguarda la conquista delle rotte petrolifere che, in un futuro non troppo lontano, avrebbero provocato guerre, scatenato crisi economiche e deciso le sorti di intere nazioni.
“Allโinizio del diciannovesimo secolo, Baku era un insediamento di frontiera con lโaspetto di un ducato medievale. Tra le sue mura vecchie di settecento anni, strette strade di ciottoli serpeggiavano lungo mercati allโaperto pieni di attivit๏ฟฝ?, piccole case di fango e un minareto dal quale una principessa era saltata giรน morendo per sfuggire al padre incestuoso. Carretti di legno dal colore dellโarcobaleno chiamati arbas, larghe carrozze montate su irregolari ruote alte sette piedi, trasportavano persone e beni attraverso il deserto circostante”. Inizia cosรฌ il primo capitolo del tomo, con un affresco minuzioso e ricco di fonti della Baku ottocentesca. Una citt๏ฟฝ? completamente diversa rispetto allโavveniristica capitale odierna, tirata a lucido dai soldi provenienti dallโindustria petrolifera.
Se, come scrive LeVine, i primi petrolieri di Baku “semplicemente tiravano fuori le pale e scavavano, oppure usavano le mani nude, quando il petrolio era vicino alla superficie”, oggi lโintero parte รจ regolamentato da accordi ben piรน complessi. Che, soprattutto in seguito al crollo dellโUnione Sovietica, avvenuto nel 1991, hanno risentito della convergenza tra gli interessi economici delle grandi multinazionali del petrolio e gli interessi geopolitici delle potenze globali.
Studiare il passato per capire il presente
Non cโรจ soltanto lโAzerbaigian nelle 544 pagine del tomo di LeVine. Troviamo moltissimi altri protagonisti: il Turkmenistan e il Kazakhstan, stretti tra la voglia di voltare le spalle alla Russia e il timore di subire ritorsioni da Mosca, la Georgia, che come lโAzerbaigian ha invece preferito cogliere al balzo lโassist offerto dallโOccidente e la Turchia, desiderosa di trasformarsi in un inedito hub energetico. Spicca tuttavia il confronto a distanza tra Washington e Mosca, con gli Stati Uniti desiderosi di ottenere lโinfluenza su una regione ricca di petrolio e, al contempo, spodestare il Cremlino dal ruolo di principale venditore energetico dellโEuropa. E poi, accanto agli Stati e alle multinazionali, ci sono loro: gli affaristi del petrolio, variabili impazzite di un meccanismo miliardario.
Emblematica la vicenda che ha portato alla costruzione dellโoleodotto Baku-Ceyhan. Grazie alla pressione statunitense, alla fine fu costruita unโinfrastruttura altamente strategica che consentรฌ di trasportare petrolio dal Mar Caspio al Mar Mediterraneo attraverso Azerbaigian, Armenia, Georgia e Turchia, consentendo allโoro nero di bypassare il territorio russo, cosรฌ da far perdere a Mosca il suo ruolo chiave nel parte. Da quel momento in poi la sicurezza nazionale di Washington aveva iniziato a coincidere con il profitto di Big Oil.
Il resto รจ storia recente, con la guerra in Ucraina e la leva energetica controllata da Mosca, due temi non trattati dal testo ma che si stagliano sulle storie raccolte da LeVine. “Baku non era grande, ma essendo il principale snodo commerciale locale che collegava i mondi persiano, ottomano e russo, offriva notevoli opportunit๏ฟฝ? agli osservatori”. Le stesse di oggi, del resto.